Il Vermouth
Le Origini Italiane
Storicamente sono sempre esistiti vini aromatizzati. Prima di arrivare al Vermouth si parlava già di Ippocrasso, un prodotto molto meno complesso in termini di quantità di botaniche, sia come numero di erbe che come grammatura e, inoltre, non prevede obbligatoriamente l’utilizzo dell’assenzio. Le prime documentazioni sul vermouth risalgono a documenti della prima metà dell’800, tra queste una ricetta riportata sul Manuale del liquorista e del distillatore scritto da Sala nel 1835.
Ad attribuire le origini piemontesi, della provincia di Torino, al Vermouth troviamo Pietro Sala che nel suo “Liquorista pratico” scrive:
“II Vermouth è un vino aromatico, da molto conosciuto quale aperitivo. II più rinomato e quello che si fabbrica in Piemonte e in ispecie nella provincia di Torino.”
A rafforzare questo manuale troviamo la monografia sul Vermouth di Torino di Arnaldo Strucchi e una lapide in pietra posta a Torino nel luogo in cui aveva sede la drogheria in cui lavorò Carpano.
Il nome
Il nome Vermouth deriva dal nome nome tedesco dell’assenzio, Wermuth, botanica aromatica principale nella preparazione del Vermouth. Questa denominazione divenne di uso comune per via dell’abbondante quantità di questo liquore che i tedeschi acquistavano dai produttori piemontesi. L’origine germanica del nome, a scapito di quella francese, viene confermata da Ottavio Ottavi nella sua monografia “Vini e aceti di lusso”.
Esistono anche le seguenti denominazioni: vermuth, vermut, vermutte
Legislazione
La legge italiana definisce Vermouth o Vermut, un prodotto composto da almeno il 75% di vino, dolcificato e aromatizzato con un’infusione alcolica di diverse botanicals, di cui la principale deve essere l’assenzio, nelle sue varietà Pontico e Romano.
Può essere utilizzata sia uva a bacca bianca che rossa. La provenienza non è disciplinata, per cui per la produzione di vermouth si possono utilizzare anche vini di provenienza straniera, soprattutto spagnoli.
Per la dolcificazione la legge permette l’uso di zucchero bruciato, il saccarosio e mosto d’uve, concentrato e non.
Il grado alcolico e il tenore zuccherino variano a seconda delle tipologie di prodotto:
Per Vermouth Bianco, Rosso e Rosè devono essere presenti almeno 130 grammi di zucchero per litro e un grado alcolico almeno al 14,5%.
Il vermouth rosè è ottenuto aggiungendo vino rosso al prodotto di base. Questo processo è un’assoluta eccezione per l’enologia italiana, con due sole eccezioni che sono il vermouth e la Franciacorta, in quanto il colore rosato, così come il colore dei vini rossi, è ottenuto da una macerazione delle bucce nel mosto o dal salasso.
Il vermouth rosso può essere prodotto con vino rosso, ma viene utilizzato prevalentemente vino bianco con l’aggiunta di caramello naturale.
Vermouth Dry ed Extra Dry hanno rispettivamente 16° e 15° ed un contenuto zuccherino di 50 e 30 grammi ed un profilo aromatico meno amaro, giocato su erbe, scorze di agrumi e fiori.
La disciplinare del Vermouth di Torino
Nonostante il Vermouth possa essere prodotto ovunque, storicamente sono famose anche le produzioni toscane, anche se a base di genziana più che di assenzio, l’unico che si è guadagnato il successo mondiale è il vermouth di Torino che nel 2017 vede la nascita di una disciplinare:
- a) Denominazione.
L’indicazione geografica «Vermut di Torino» o «Vermouth di Torino» è riservata al vermut che risponde alle condizioni ed ai requisiti stabiliti dal presente disciplinare di produzione.
- b) Descrizione del prodotto.
All’atto dell’immissione al consumo il Vermut di Torino deve rispondere alle seguenti caratteristiche organolettiche e analitiche:
- colore: bianco (da bianco a giallo paglierino fino a giallo ambrato) e rosso (in tutte tipologie e tonalità); le singole caratteristiche sono legate agli apporti cromatici determinati dai vini e/o dalle sostanze aromatizzanti e dall’eventuale impiego di caramello;
- odore: intenso e complesso, aromatico, balsamico, armonico talvolta floreale o speziato;
- sapore: morbido, equilibrato tra le componenti amara, indotta dalla caratteristica aromatica dell’Artemisia, e dolce, che varia a seconda delle diverse tipologie zuccherine;
- titolo alcolometrico volumico effettivo non inferiore a 16 % vol. e inferiore a 22 % vol.
All’atto dell’immissione in consumo il prodotto non deve presentare sovrappressione dovuta ad anidride carbonica in soluzione.
- c) I particolari processi produttivi e le relative specifiche.
Il Vermut di Torino è il vino aromatizzato ottenuto in Piemonte a partire da uno o piu’ prodotti vitivinicoli italiani, aggiunto di alcole, aromatizzato prioritariamente da Artemisia spp. unitamente ad altre erbe, spezie ed eventuali sostanze aromatizzanti ammesse dalla normativa vigente.
I principi aromatici possono essere estratti mediante le tecnologie disponibili, utilizzando come supporto, singolarmente o congiuntamente, acqua, soluzioni idroalcoliche, vino, alcol.
Per l’edulcorazione possono essere utilizzati esclusivamente:
- zucchero di fabbrica, zucchero bianco, zucchero bianco raffinato, zucchero liquido, zucchero liquido invertito, sciroppo di zucchero invertito, quali definiti dalla direttiva 2001/111/CE;
- mosto di uve, mosto di uve concentrato e mosto di uve concentrato rettificato, quali definiti dall’allegato VII, parte II, punti 10, 13 e 14, del regolamento (UE) n. 1308/2013;
- zucchero caramellato, vale a dire il prodotto ottenuto esclusivamente mediante riscaldamento controllato del saccarosio, senza aggiunta di basi, di acidi minerali o di altri additivi chimici;
- miele, quale definito dalla direttiva 2001/110/CE del Consiglio.
Il Vermouth di Torino può essere colorato esclusivamente con il caramello (E 150).
Il Vermouth di Torino deve essere immesso in consumo in bottiglie di vetro nelle seguenti capacità: 50 ml – 375 ml – 500 ml – 750 ml – 1.000 ml – 1.500 ml – 3.000 ml, salvo capienze diverse previste dalle normative dei paesi importatori.
Per la chiusura delle bottiglie è vietato l’impiego del tappo a corona.
Nella designazione, presentazione ed etichettatura è vietato l’uso di nomi di luoghi geografici che facciano riferimento a comuni, frazioni, zone, comprese nella zona di produzione.
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Non ci può essere una bella vita dove non c’è buon bere.